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Una riflessione sul post COVID19 di Stefano Landi


“Se sapessi fare mascherine e respiratori lo farei, ma non è il mio mestiere: è il turismo. Sento dire e scrivere, anche molto autorevolmente, che dopo il COVID19 “niente sarà più come prima”.
Oltre le attuali restrizioni, il distanziamento sociale che ci colpisce tutti e il dolore per tante fatiche, tante sofferenze e tanti morti, questa espressione proiettata al futuro, forse dettata dall’inquietudine e dal senso di nostalgia, in me non genera paura, ma stimola un senso di aspettativa positiva.
Per definizione ogni giorno nuovo che arriva, per chi ha la fortuna di esserci, non trova le cose come il giorno prima, e non le lascia invariate. Anche senza scomodare Eraclito, è vero che l’acqua che scorre non è mai uguale a quella già passata, e questo avverrebbe anche senza COVID.
Piuttosto è la velocità del cambiamento impresso, l’accelerazione di processi prima impantanati, che potrebbe quasi essere vista con eccitazione.
Non sto qui a fare l’elenco delle cose belle che potrebbero succedere e che in parte stanno già accadendo, ma vorrei solo ricordare quante volte abbiamo detto e pensato, prima: “così non va: qualcosa deve cambiare, tutto deve cambiare!”.
Nel turismo, nell’impresa, siamo abituati e dobbiamo guardare sempre oltre. L’impresa è eterna, altrimenti è solo un “affare” a tempo, una speculazione.
Abbiamo gridato alla concorrenza di destinazioni con i prezzi stracciati, ma noi siamo ancora qui e qualcuna di loro no.
Abbiamo letto il certificato di morte delle Agenzie di Viaggi e invece sono ancora vive, anche se molto diverse da prima.
La nostra ricettività tradizionale ha affrontato generazioni di competitori, dagli agriturismo ai villaggi agli istituti religiosi fino agli alloggi privati, ma è ancora in piedi e pronta a correre più veloce di prima.
Adesso abbiamo una grande occasione a cui prepararci come si deve. Spinti dalla necessità magari avremo meno remore, meno scuse, meno pretesti per la nostra pigrizia. E più ”fame”, quella che spesso ci era mancata.
Non saluto certo una pandemia come una catarsi, ma in fondo in fondo non riesco ad essere triste se “niente sarà più come prima”.