I parchi culturali e della memoria letteraria come prodotto turistico

Stefano Landi – SL&A turismo e territorio
Workshop “Parchi culturali e luoghi della memoria letteraria: nuove opportunità di sviluppo per la regione Calabria”
Lamezia Terme, 2011

C’è una rinnovata attenzione, anche da un punto di vista turistico, per i luoghi della memoria, dai trekking per visitare le trincee della Grande Guerra, alle escursioni sui sentieri dei partigiani.
I “Parchi culturali e della memoria letteraria” simboleggiano un aspetto dell’identità territoriale, quello della narrazione che essa ispira e che ne viene fatta, e materializzano l’intreccio tra realtà e racconto, tra concretezza ed evocazione, tra prestazione ed emozione. Un intreccio, questo, che nel turismo rappresenta la ragion d’essere di un territorio e di un prodotto, che non è mai solo “prestazione” di servizi ospitali, ma anche e sempre più creazione di emozioni e di esperienze memorabili.

I “Parchi culturali” sono uno spazio mentale prima ancora che fisico, con conseguenti implicazioni in termini di capacità evocativa e impatto comunicativo. Rappresentano una “Marca” molto ben precisa ed identificabile, e si presentano come ricchi dei “valori” di quella marca, valori che costituiscono l’essenza del rapporto tra offerta e domanda.
La creazione e l’attività di questi “Parchi”, in termini di mercato, consente infatti di concretizzare in fattori di attrazione (pull factors) quelli che sono già potenziali fattori di spinta (push factors) presso i viaggiatori potenzali, e che sono rappresentati dalla loro conoscenza letteraria, e dalla curiosità ed attrazione per i luoghi dell’ispirazione e della “location” delle opere. I fruitori di opere letterarie possono quindi trovare in una proposta turistica specializzata e mirata il prolungamento logico della loro esperienza di lettura. Possono quindi, se lo ritengono, diventare fruitori anche del territorio “letto”, attraverso una strategia che il marketing definisce come “cross selling”.

I “Parchi culturali” sono uno spazio mentale prima ancora che fisico, con conseguenti implicazioni in termini di capacità evocativa e impatto comunicativo. Rappresentano una “Marca” molto ben precisa ed identificabile, e si presentano come ricchi dei “valori” di quella marca, valori che costituiscono l’essenza del rapporto tra offerta e domanda.
I “Parchi”, che nascono già molto forti quanto a “valori”, sono quindi se possibile ancora più forti quanto a “marca”: tramite l’esperienza letteraria del pubblico, infatti, si ritrovano dotati di un patrimonio di notorietà (awareness) e di positiva attitudine (goodwill) la cui costruzione “artificiale”, qualora possibile, costerebbe investimenti di tutto rilievo, e comporterebbe tempi non brevi.
Il Parco rappresenta per i tecnici del turismo un prodotto (o meglio una gamma di prodotti), perché il desiderio di cultura (cultura intesa in senso lato, come insieme dei modi di vita che si rappresentano ed estrinsecano in un territorio) può costituire il “gancio”, e cioè la motivazione principale di un viaggio; o, comunque, può arricchire di senso e di emozione il viaggio intrapreso per altri motivi.
Il Parco è molto di più di un singolo prodotto turistico, è il “luogo” adatto a fare da palcoscenico e da vetrina ad una serie di eventi e di prodotti (anche legati ad altre motivazioni di viaggio, altri turismi) integrabili e rafforzabili con il prodotto culturale.

È una Marca in grado di evocare valori positivi, in quanto ha il potere di generare un transfert semantico trasmettendo gli attributi dell’opera letteraria a ciò che del marchio si fregia; solo per citarne alcuni: qualità delle proposte ospitali, rilevanza sociale, emozioni condivise.
Questo potere catartico rappresenta un plus spendibile sul mercato, un contrasto alla perdita di identità, un vantaggio competitivo utilizzabile anche nella comunicazione sia del territorio che dei suoi prodotti.

La domanda attuale e potenziale: il turismo culturale
Il patrimonio artistico e culturale da sempre rappresenta una delle principali motivazioni di viaggio, ed in particolare è il motivo principale di scelta del nostro Paese per i turisti provenienti dall’estero.
La presenza di attrattori rari quando non unici può rappresentare un motivo di vacanza, a fronte di una capacità organizzativa che renda la visita una esperienza memorabile, per nicchie di mercato molto specializzate.

All’interno del grande contenitore logico identificato con la “cultura” è possibile individuare tante motivazioni per altrettante, diverse, vacanze. Infatti la nostra epoca (definita anche come Post-Moderno) è dominata dal passaggio dalla “cultura” intesa come unità monolitica del sapere, alle “culture” espressione di valori diversi e compresenti.
Inoltre anche la domanda di turismo culturale “tradizionale” non è omogenea, ma varia a seconda dell’intensità della motivazione “cultura”. E varia soprattutto all’espandersi della articolazione della “cultura” stessa, che coinvolge sempre di più anche sfere non tradizionali né convenzionali: dai metodi produttivi alla gastronomia, dalla rappresentazione musicale al paesaggio, e così via. Investendo quindi tutte le sfere del vissuto di un territorio e della sua gente, e travalicando le sole arti figurative, che spesso ne vengono considerate il “cuore nobile”.

Le categorie del turismo culturale
Non è facile proporre una classificazione esaustiva delle categorie in cui può essere ricompreso il “turista culturale”, ma l’analisi del gradiente di specializzazione può risultare utile almeno a chiarirci le idee.
Al massimo, troviamo i turisti culturali “altamente motivati”, il cui motivo principale del viaggio è vedere proprio quel monumento, vistare proprio quel museo, partecipare proprio a quell’evento. Si tratta di una specializzazione che sfiora la ricerca scientifica, ed infatti spesso questo turisti si confondono con gli studiosi, o sono essi stessi almeno in parte studiosi.
Vi è quindi una categoria in qualche modo più mixata, di turisti “in parte motivati” dalla cultura, per cui visitare una città d’arte o un sito archeologico è anche l’occasione per fare una gita, rivedere amici e parenti, fare shopping. Siamo in un ibrido concettuale, tanto diffuso quanto è vero che le offerte culturali sono nei fatti mixate nella forma del nostro territorio e della nostra città.
Ma ci sono anche, e non sono certo pochi, quei turisti per i quali la cultura è una “motivazione aggiuntiva”: non è l’obiettivo del viaggio, ma una opportunità in più. Spesso, addirittura, una comoda e gratificante alternativa alla motivazione principale (ad esempio la spiaggia o la pista da sci) nel momento in cui si intende romperne la monotonia, o per affrontare avverse condizioni meteorologiche. In questi casi la cultura genera un “retrogusto” piacevole e memorabile in una vacanza nata con altre finalità, e fa scoprire risvolti inaspettati dei luoghi.
Infine, non c’è dubbio vi siano anche turisti “culturali casuali”, per i quali la visita non è pianificata ma accidentale. Un piacevole accidente, un “fuori programma” destinato a lasciare il segno forse anche più del programma stesso.

In ogni caso, pensando alle ricadute positive sul territorio, il valore economico massimo si genera quando un turista dorme nel luogo che visita, non si genera quando un turista vi trascorre poche ore o una sola giornata. E anzi in questi casi capita spesso che i “costi sociali” della visita siano nettamente maggiori dei ricavi, come nel caso del cosiddetto “turismo mordi e fuggi”.
Per generare un interscambio positivo, e non solo economico, il turista deve pernottare, e perché lo faccia è necessario costruire intorno alla proposta culturale un vero e proprio prodotto. Il prodotto non è la mercificazione del bene o dell’evento culturale, ma è ciò che il turista compra: l’insieme dei beni e dei servizi di cui fruisce in un luogo.
Questo è il tema del perché si debba costruire, intorno agli attrattori culturali, non solo una linea dei costi per la loro manutenzione e gestione, ma anche una linea dei ricavi, ricordando sempre che è il turista a decidere che cosa è il prodotto, qual è il prodotto.

Il prodotto è una combinazione straordinaria e irripetibile di prestazioni ed emozioni, e se il turista da questa esperienza non torna emozionato, non ne parlerà bene, e non tornerà più.
Il tema è quindi quello di costruire un sistema di emozioni irripetibili, un sistema di esperienze che portano un soggetto a spostarsi in un determinato luogo. Ciò avviene secondo determinate logiche, ad esempio perché questo soggetto segue delle attrazioni, nel nostro caso le attrazioni culturali.

E allora che cosa sta comprando, questo turista? Sta comprando un’identità, un’identità locale che forse è stata conservata, forse è stata ricostruita, forse è anche enfatizzata, ma certamente è fondamentale. Altrove è stata coniata l’espressione “terra con l’anima”, “luogo con l’anima”.
E infatti se non c’è un’anima nei luoghi, questi sono solo dei “non luoghi”. Il famoso etno-antropologo francese Marc Augé, che ha coniato questo neologismo folgorante, afferma che i non luoghi sono quelli dove una persona non va se non è costretta. E cita al proposito gli autogrill, gli aeroporti, i centri commerciali, le stazioni della metropolitana: luoghi tutti uguali tra di loro, che già Italo Calvino aveva ben delineato, parlando delle “città invisibili”.

I luoghi veri sono invece quelli dove c’è una identità, dove il turista/visitatore si reca e pensa di essere in un posto diverso da tutti gli altri. E la conservazione, il mantenimento di questa identità, magari letteraria, è fondamentale perché questi luoghi siano attraenti anche turisticamente.

La domanda attuale e potenziale
La domanda turistica, oltre che estremamente e sempre più differenziata, è anche alla ricerca di aspetti tipici e unici. Il turismo si dimostra abbastanza maturo per apprezzare non solo le grandi città ma anche le medie e le piccole. Non solo metropoli, ma anche Borghi.
Una tendenza che si va consolidando negli anni è quindi il progressivo orientamento della domanda, nazionale ed internazionale, verso le destinazioni “minori”.
Il movimento verso città d’arte e luoghi d’arte minori è stimolato anche da alcuni andamenti generali del mercato turistico: viaggi più frequenti e più brevi, viaggi in località anche di prossimità.
Il 56% degli Italiani fanno vacanza nella propria regione o in una regione immediatamente confinante, e per la maggioranza degli Italiani i soggiorni turistici durano meno di quattro notti. E per gli stranieri che ci sono più vicini e che conosciamo meglio, gli Europei, le cose stanno esattamente nello stesso modo.

La costruzione del prodotto
Se dal lato della domanda il prodotto turistico è una aspettativa di emozioni, dal lato dell’offerta, però, il prodotto si costruisce secondo la scienza dei tour operator: seat + site + service. E cioè un mezzo di trasporto che ci arrivi, la possibilità di pernottare e soggiornare, un sistema di attrazioni e servizi che dia senso e motivazione al luogo, e lo renda intenso, emozionante, memorabile.
Certamente bisogna che il turista possa arrivare, ma in primo luogo deve soggiornare nei luoghi di visita, magari in strutture più tipiche di un territorio, più ricche di identità territoriale, più vicine alle motivazioni del visitatore.

Per costruire un prodotto, tenendo sempre in mente che cosa intende il turista e che cosa si aspetta di trovare sul mercato, occorre però avere ben presenti i passaggi indispensabili: il concetto del prodotto, il suo racconto, il sistema di valori da condividere, il prezzo, il mix di marketing.

Il primo punto fondamentale da considerare è la “reason why”. E’ cioè, nel nostro caso, la questione relativa al livello di notorietà degli Autori delle opere da cui traggono le mosse i parchi culturali e della memoria letteraria: deve essere infatti chiara per gli amministratori/gestori di questi luoghi e di questi organismi di gestione la geografia della notorietà degli autori. Bisogna guardare i luoghi con una visione globale e non locale, altrimenti si cadrà nell’errore che ad esempio fanno nel parmense, pensando che i turisti vadano a ricercare i luoghi di Giannino Guareschi e invece sono lì per Giuseppe Verdi. Guardando i luoghi “da lì”, dal proprio ombelico, Guareschi è più importante di Verdi; guardando i luoghi con una visione globale, ovviamente i turisti arrivano da tutto il Mondo per Verdi, mentre fanno relativamente meno strada per visitare Brescello, il luogo simbolo delle storie più famose di Guareschi.

Secondo, deve esserci un romanzo, in tutti i prodotti ci deve essere una “narrazione”: nei Parchi d’autore la narrazione c’è già, anzi è proprio quella la “reason why”, mentre tutti gli altri se la devono inventare. È importante che la narrazione segua la notorietà della Marca del territorio, le vada dietro, la ricordi, la riscaldi. Se non si realizza questa narrazione non si riuscirà a far venire nessuno nei propri territori.
Quindi c’è la questione dei valori di Marca, i valori trasmessi dai territori (come la tradizione, l’autenticità, la sostenibilità, la responsabilità, la solidarietà, ecc.), sono valori persistenti, li abbiamo ancora qui o li abbiamo per qualche motivo cancellati, negati? O abbiamo voluto fare delle cose moderniste e quei valori ce li siamo persi per la strada? Siamo pronti a riproporre ambiente, paesaggio, sapori, suoni, oppure siamo diventati un “nonluogo”? Se non ci si pongono questi interrogativi, e non si è in grado di rispondere positivamente, non c’è autore letterario che abbia la forza per generare un movimento turistico. Se ci si trova ormai di fronte a un “non luogo” non si venderà nessuna emozione turistica, verrà solo chi è costretto a farlo, si fermerà al nostro autogrill solo chi ha finito la benzina.

Altra questione: il prezzo. Siamo convinti che sia tutto turismo di lusso, senza problemi di budget, quello che cerca questi elementi di identità, magari intorno ad un richiamo letterario, o che non sia una domanda più diffusa? È evidente che si tratta di una domanda più diffusa, che tendenzialmente chiede di poter viaggiare in luoghi dell’identità con un budget contenuto, perché oramai tutti i turisti, anche quelli di lusso, tendono a pagare di meno. È una tendenza che da congiunturale, e magari anche da “moda”, sta diventando strutturale, anche oltre le crisi: tutti vogliono pagare di meno. Ciò vuol dire riduzione dei margini, ma anche che si dovrà regolare l’offerta a queste nuove esigenze, ed espandere la domanda, andandola a cercare dov’è.

Solo dopo, solo a questo punto si può parlare di marketing mix, nel senso che si ragiona di marketing solo se si hanno chiare queste cose, altrimenti le azioni che fanno anche i Parchi Letterari sono delle azioni tendenzialmente generiche, a rischio di risultare indistinte ed inefficaci. A titolo esemplificativo tutti coloro che operano nel settore turistico realizzano un depliant, poi magari i depliant rimangono lì sugli scaffali, mentre invece online non si trova nessun riferimento, nessuna informazione. I prodotti più generici vendono tanti milioni di copie, ma chi è capace riesce a fare anche prodotti specifici e a venderne magari un numero minore, ma a generare elevati ricavi: è la “teoria della lunga coda”, che oramai ispira i settori produttivi più innovativi e dinamici. Ciò per sottolineare che i prodotti specifici portano più valore dei prodotti generici, per cui se oggi per una settimana al mare si tende a pagare sempre di meno, per un luogo con l’anima e con l’identità si è comunque disposti a pagare di più, anche se sempre con l’occhio al portafogli.

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