Destini & Destinazioni

Il 2013 è stato un grande anno per quello che riguarda l’economia.
Nel mondo molti paesi hanno aumentato il loro PIL, l’Africa da cenni di risveglio, i BRIC sono già superati, ora si guarda in avanti ai Next Eleven.
Per noi europei in genere chi più chi meno e con marcati distinguo, invece la situazione è quella che è, ma oltre la crisi ci sono due aspetti legati tra di loro, che sono secondo me altrettanto importanti e che colpiscono. Per tornare in Italia ed in tema di turismo, in modo più evidente le nostre scelte di consumatori e quindi con impatti economico-sociali. Il primo riguarda, sempre al netto della crisi, una chiara propensione al NON consumo anche in termini di viaggi, ossia il turismo e l’esperienza del viaggio in genere, che aveva negli ultimi anni scalato le priorità nel consumo anche a scapito di beni durevoli. Ora lo slancio sembra esaurito e qui entra il secondo punto ossia la nostra situazione demografica.

Siamo un paese sempre più vecchio ed invecchiando si consuma meno, viaggi inclusi, e si tende a tornare sui propri passi rivisitando destinazioni a noi più vicine (non solo in termini geografici). Si riaprono se ci sono le possibilità economiche per farlo, le seconde case .

È in un certo senso la rivincita della destinazione.
Ricorderete, nelle mie precedenti considerazioni sul mondo delle crociere, di come la nave fosse una vacanza che tendeva a fare a meno della destinazione. Il target era e rimane nelle intenzioni ad ampio spettro, dai DINK (ossia coppie ad alto reddito e senza figli, ma esistono ancora?) ai Senior travellers meglio detti terza età. Peccato che, tranne che nel sempre più importante canale di vendita diretta o B2C, la vendita diciamo tradizionale è rimasta appunto tale, ossia crociere della squadra di calcio del cuore, del ballo liscio, dello scopone scientifico… quindi lo stallo.

E allora ecco che, negli ultimi mesi, si evidenzia soprattutto la nuova politica di prezzi decisamente al rialzo adottata dalle compagnie di navigazione, che hanno e in un certo modo continuano a negare l’evidente stato di difficoltà, dovuta a scelte strategiche sovradimensionate ai mercati.

Si crea quindi un effetto, per ragionare in termini locali, pari a quello che ha avuto la crescita vertiginosa dei prezzi e riduzione dell’offerta che hanno avuto le compagnie di traghetti (esempio più evidente: la Sardegna), che ha appunto gravemente penalizzato la destinazione in sé.
Per farla breve ecco lo schema: aumento prezzi 2013 e relativa diminuzione passeggeri significa che dobbiamo capire su che numeri possiamo contare per poter tarare un’offerta il più bilanciata possibile per il prossimo futuro. Il prodotto andrà laddove c’è mercato e se non c’è ancora lo creeranno…. intanto si sta fermi cercando di piazzare il surplus di capacità , ossia il famoso delay & pray che tradotto in italiano suona circa come un “poi vediamo”, altro che planning…

Questa introduzione mi è servita in realtà solo a riprendere le fila .
Negli ultimi mesi invece, ho avuto la possibilità di affrontare due nuovi temi: la ricerca di una nuova forma di fare Tour Operator e lo sviluppo del B2B.
Ho imparato ed approfondito temi che spero ancora di poter affrontare in futuro, ma gli accadimenti mi hanno dato alcuni spunti di riflessione da condividere. Non voglio certo scoprire l’ovvio, ma ragionare a voce alta sul come dare nuovi impulsi al turismo in generale

T.O. significa appunto Tour Operator, definizione che si è applicata per anni allo sviluppo e alla commercializzazione in un mercato di varie destinazioni e servizi.
Noto negli ultimi mesi un certo fermento di marchi più o meno noti che personalmente ritenevo già “ scomparsi “ che cercano il “ rilancio “ e mi domando come questo sia possibile in questi termini. Capisco la grande difficoltà che tutti, chi più chi meno, abbiamo a chiamare le cose con il loro nome, ma denominare “rilancio” il taglio pesante di personale e costi in genere significa solo fare spezzatino di assets nella speranza che qualche pezzo di rottame abbia un compratore. I più presuntuosi includono anche il nome del “marchio “ come se questo nel prossimo futuro possa avere qualche importanza. Non vorrei sembrare né crudo né cinico nei confronti delle parti lese coinvolte, sono in realtà uno di voi e sono solidale con voi per quanto può valere la consapevolezza di un destino, diciamo poco favorevole.
Mi sono chiesto in questi ultimi tempi come uscire da questa situazione, e mi è venuto in mente che forse non c’è bisogno neanche di cambiare acronimo da T.O. come sopra definito a T. (Territory ) O. (Operator) ossia un operatore che tratta una sola destinazione ma per tanti mercati, meglio ancora semplificando una sorta di ricettivo o di DMC, però per il B2C e comunque per l’utenza finale di turisti individuali.

Quali sono i problemi che potrebbero impedire o ritardare oltremodo uno sviluppo in tal senso?

In primis c’è ancora una fetta di prodotto che è veicolato attraverso la distribuzione tradizionale, che ahimè andrà riducendosi sempre di più e da adesso in poi non tanto per la prevaricazione del B2C, ma per la sempre più esigua possibilità di avere margini di guadagno degni di questo nome. Fino a che questo cambiamento non sarà recepito dai nostri professionisti del settore, lo sviluppo legato al territorio non potrà prendere corpo visto che non ce ne sarà per tutti: molte, troppe sono le realtà legate al turismo presenti su piccole porzioni geografiche.
Forse il prossimo autunno sarà la chiave di volta, qualcuno alzerà bandiera bianca e forse con il campo più sgombro sarà più agevole muoversi e riprendere ad avanzare. Ripeto, a costo di passare per cinico, “meglio un settore ridimensionato e dinamico che un dinosauro agonizzante”.

Le competenze di un T. (Territory) Operator dovranno seguire certi canoni legati a privilegiare il controllo del prodotto per competenza e profonda conoscenza territoriale, e vedo per esempio una grande opportunità per il nostro Sud, pensiamo ad una regione con un potenziale inespresso enorme come la Calabria.
Si potrebbe discutere sul fatto che iniziative del genere sono a loro modo protezionistiche (non sarebbero né le prime né le sole a contrastare la globalizzazione imperante) e che sarebbe un duro colpo per l’outgoing, ma facciamo un attimo pace con noi stessi: non si può avere tutto , si urla ai quattro venti di favorire il recupero e lo sviluppo del turismo in Italia a allora cominciare con gli italiani sarebbe solo logico, e pazienza se i nostri consumatori-tipo confrontano lo standard di un all inclusive di Sharm con un BB nel meridione, bisogna adattarsi al più presto ai nostri nuovi standard di vita, senza neanche tirare in ballo un uscita dall’ Euro che farebbe del tutto di necessità virtù. Faccio solo un esempio sui prima citati BRIC: Il Brasile in realtà presenta, malgrado l’economia sia solida, un lieve calo nell’outgoing, questo perché si è creato un circolo virtuoso che privilegia il consumo interno, che come è noto favorisce una ridistribuzione della ricchezza.

Quali potrebbero essere infine i competitori del nuovo T.O.?

Sicuramente la crescita enorme e spersonalizzata del B2C, che è diventato anche nel turismo un sistema molto invasivo ed autoreferenziale, che favorisce soprattutto la gestione di flussi finanziari. Non bisogna permettere che i “globali” facciano anche il lavoro dei “locali”, anche grazie ai numerosissimi vuoti legislativi non solo italiani per dire il vero. Il nuovo T.O. dovrebbe essere presente sul territorio e aperto al mondo via pagine web in almeno 3 lingue oltre l’italiano, essere a non più di 200 km dai servizi da lui proposti, rispondere ad un numero telefonico con prefisso meglio se non da un call center in Bulgaria (almeno all’inizio).
Questo prevede anche il ridimensionamento del B2B per mancanza di referenti, e già svuotato per grande parte del prodotto offerto dai global operators e comunque già da noi poco sviluppato perché in ritardo sulla rapida evoluzione del B2C, tra l’altro utilizzato spesso anche dagli stessi addetti ai lavori nelle agenzie viaggio che fanno business travel. Il B2B potrà, secondo me, resistere in mercati con ritardi nei nuovi canali di distribuzione e/o in casi del tutto marginali per prodotti non di massa dedicati al lungo raggio.

Mi rendo conto che per un nuovo T.O. non essere tentato dalla prospettiva di essere inglobato in un B2C globale è enorme, ma stiamo per assistere agli ultimi atti di un cambiamento vero e profondo. Cercare di reagire e non restaurare un passato che non tornerà potrebbe essere un buon punto d’inizio.

La mia era solo appunto una riflessione su uno dei possibili punti di partenza.

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