Brutti tempi per i crocieristi

La crociera turistica è un fenomeno relativamente moderno. È nata infatti nei Caraibi negli anni ’70, quando i transatlantici per il trasporto passeggeri sono stati superati dall’aereo. Solo allora gli armatori hanno creato questo nuovo mercato, caratterizzato sin dagli esordi da alti livelli di redditività. Dagli anni ’70 a oggi i crocieristi nel mondo sono passati da circa 500.000 a quasi 16 milioni.

Offerta e domanda sono cresciute in parallelo, con una capacità ricettiva che nel 2010 aveva già superato i 500.000 letti (pari alla metà circa dell’intera capacità ricettiva del Sudest Asiatico). Il settore si caratterizza per il notevole dinamismo, con una clientela che cresce, a livello globale, con un ritmo medio che sfiora il 30% all’anno.

Il sistema, che coinvolge un ampio ventaglio di settori economici, riconosce all’Italia un ruolo di primo piano: tra gli Stati industrializzati il nostro Paese possiede infatti la principale flotta di navi da crociera per stazza, e occupa il quarto posto assoluto a livello mondiale dietro Bahamas, Panama e Bermuda. Le crociere sono tra le fonti che contribuiscono in modo più significativo al movimento turistico nel Mediterraneo, con un impatto rilevante anche in termini economici: ogni passeggero spende in media 100 euro nelle città d’imbarco e 50 euro in ogni località visitata durante la crociera, cifre alle quali va aggiunto il costo della crociera stessa.
Le navi, comunemente definite città galleggianti, sono in realtà villaggi turistici in movimento: rispetto ai resort “tradizionali” hanno il vantaggio di potersi spostare, di variare la propria offerta, destagionalizzarla inseguendo il caldo. Il decollo definitivo del turismo da crociera è avvenuto in un preciso momento storico: dicembre 2004, il mese del terribile tsunami abbattutosi su parte dell’Asia. Le macerie lasciate dalla grande onda segnavano l’inizio del declino dei tipici beach resort, le strutture ricettive all-inclusive grazie alle quali gli europei avevano cominciato a fare turismo balneare dall’altra parte del mondo.
Peraltro il modello del resort, struttura che spesso assomiglia a un’astronave aliena e luccicante atterrata in un contesto di degrado e miseria, stava cominciando a fare i conti pure con l’accusa di avere un impatto negativo sul territorio, anziché essere un’opportunità di sviluppo per il Paese ospite. E aveva già dimostrato di non essere immune alla criminalità Il resort tropicale, insomma, nel 2004 ha cominciato a passare di moda. Il naturale sostituto era già pronto: la nave da crociera, che offre gli stessi comfort e in più garantisce la possibilità di andarsi a cercare il bel tempo. Per non parlare del massimo immaginabile in termini di sicurezza: il passeggero che teme i luoghi ignoti non è nemmeno tenuto a scendere a terra durante le sue vacanze.

Anche la nave da crociera è un paradiso d’abbondanza alieno. Viaggia troppo al largo dalle umane miserie dei tropici per offendere i sentimenti dei turisti: occhio non vede (la povertà),cuore non duole. E le ferie scivolano via più serene.

Però c’è un però. L’aumento vertiginoso della domanda sta giocando un brutto scherzo alle compagnie armatrici. La maggiore capacità ricettiva porta all’obbligo di garantire un’occupazione dei posti letto costante durante l’anno. Per questo anche qui, come nei resort, è scattata l’ora del viaggio low cost, nel quale l’importante è il numero e non la qualità. Troppa gente imbarcata, troppo grandi le navi, troppa manodopera sottopagata e demotivata.

Non sono questi i motivi che hanno portato alla tragedia dell’isola del Giglio, ma l’industria turistica deve ancora una volta riflettere sul modello che continua a riproporre, a terra come sul mare. Un modello ispirato al più bieco consumismo, insostenibile sotto il profilo ambientale, basato sull’isolamento del turista dal contesto culturale e sociale del Paese visitato.

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